Quarantaduesima strada
(Don’t Worry) If There’s a Hell Below, We’re All Going to Go. “Non preoccuparti. Se c’è un inferno qui sotto stiamo tutti per andarci.” Così si presenta al pubblico Curtis Mayfield nell’omonimo album d’esordio. Era il 1970.
Su quelle note viaggia la sigla di The Deuce, serie HBO di David Simon trasmessa in Italia da Sky Atlantic, ambientata a New York nello stesso anno. Prima di Mayfield e Marvin Gaye con What’s going on (1971) il Soul e il Funk erano considerati musica da ballo, ma i tempi stanno per cambiare: anche in quei generi adesso trovano spazio le disuguaglianze sociali.
Siamo alla vigilia dello scandalo Watergate, nel bel mezzo della guerra del Vietnam e della rivolta nei ghetti da cui nasce il Black Panthers Party: il movimento per la liberazione degli afroamericani. Quel sound è collegato per sempre al fenomeno Blaxploitation – fusione delle parole black (nero) ed exploitation (sfruttamento) – pellicole a basso costo con storie di violenza e sesso, dove protagonisti di colore sono sfruttatori, prostitute, trafficanti di droga e assassini di professione. Montaggio rapido, riprese in esterni, colonna sonora prepotente. Shaft il detective (1971) con il popolare tema di Isaac Hayes è il primo grande successo indipendente: costato un milione ne incassa dodici. Esce poi Superfly (1972) e la colonna sonora proprio di Mayfield. Quentin Tarantino rende omaggio in Jackie Brown (1997) e, da quel revival cinefilo ormai vent’anni fa, nascono i presupposti di The Deuce.
La serie, acclamata dalla critica in patria, racconta appunto di papponi, puttane, poliziotti, giornalisti, pornografi, aspiranti attrici hard, baristi, sbandati che gravitano la quarantaduesima strada che conduce a Times Square, appunto la forty-deuce, da cui il titolo prende nome.
Il tentativo è raccontare varia umanità – perlopiù reietta e disadattata – per quello che è, senza giudicare. Nessuno è realmente malvagio o colpevole. Chi non è privilegiato si arrangia come può nei bassifondi ma tutti, prima o poi, finiscono per incrociarsi a The Deuce. Svelano non di rado un certo candore, mentre cerchiamo di amarli anche nelle bassezze. Perché quando la violenza esplode è inevitabile. Una necessità mai compiaciuta, all’opposto dei film con l’eroina Pam Grier (riscoperta in Jackie Brown), dov’era esibita a fini commerciali. Se Tarantino è il padre, la madre di The Deuce è certamente Boogie Nights – L’altra Hollywood (1997) di Paul Thomas Anderson. Tragicomica biografia romanzata con ascesa e declino del porno attore John Holmes, immersa nella Golden Age divertente e divertita di Gola profonda (Deep Throat, 1972), primo film hard con una “storia”.
In The Deuce Maggie Gyllenhaal interpreta Candy – squillo reinventata regista porno – che si ritroverà nell’ultimo episodio ad assistere alla prima di quel film, con tanto di red carpet per l’immortale “star” Linda Lovelace.
Come in Boogie Nights le musiche sono brani meno conosciuti del periodo (a parte eccezioni come James Brown e i Velvet Underground), che spesso provengono da jukebox o stereo nelle auto. Ma l’originalità della serie, come afferma il co-autore George Pelecanos, sta nella musica calzata a pennello sui protagonisti. Quindi non stupiamoci se Vincent, interpretato dal grande James Franco (che si sdoppia per l’occasione anche nel gemello Frankie) sia sempre associato a ballate Soul raffinate, genere Stax, che non collegheresti mai al gestore di un bar malfamato. Al sesto episodio, nel momento più romantico della serie, Vincent sintonizza su Baby I Need Your Loving dei Four Tops e Abby – interpretata dalla bomba sexy Margarita Levieva – cambia stazione sulla linea del suo personaggio: i Velvet Underground. Siamo al terzo album e la canzone è un colpo basso per noi spettatori. La ballata Pale Blue Eyes. “Il lato tenero di Lou (Reed)…” commenta lei.
Nel secondo episodio l’avevamo lasciata nella stanza in affitto ascoltare Rock’n’Roll, dal loro ultimo disco Loaded (1970), che recita: “Despite all the computation you know you could just dance To a rock ‘n’ roll station. And it was all right.” Ovvero “A dispetto di tutti i calcoli tu sai che potresti semplicemente ballare Rock’n’roll alla radio. E tutto andò bene.” Non vi sembra di ritrovare Abby in questa strofa? La ragazza di buona famiglia insoddisfatta che vuol tentare la strada? Peccato che il pappone Rodney, interpretato da Clifford Smith in arte Method Man non possa ancora rappare: l’hip-hop dei Wu-Tang-Clan arriverà più tardi. All’origine di questo utilizzo della musica c’è naturalmente Martin Scorsese, al quale gli autori di The Deuce devono molto. Chi sono Vincent e Frankie se non Charlie (Harvey Keitel) e Johnny Boy (Robert De Niro) di Mean Streets – Domenica in chiesa, lunedì all’inferno (1973)?