Il ritorno di Terry Gilliam
Problemi tecnici, crack finanziari e tanta (ma davvero tanta!) sfortuna: sono ormai venticinque anni che il pubblico aspetta l’arrivo in sala del Don Chisciotte di Terry Gilliam, la cui realizzazione, proprio come la vita del Don Chisciotte letterario, è stata piena di imprevisti e peripezie.
L’ex Monthy Python ne ha passate di tutti i colori durante la realizzazione del film, tanto da ispirare il documentario Lost in La Mancha incentrato sulle disavventure produttive e realizzato da alcuni dei sui più fidati collaboratori. Venticinque anni sono tanti e nel tempo si sono avvicendati sul set numerosi tecnici e attori: le vesti del protagonista, ad esempio, sono state indossate da Jean Rochefort, Robert Duvall, Michael Palin e John Hurt; mentre, nella versione finale è Jonathan Pryce a interpretare il cavaliere errante, affiancato da un brillante Adam Driver nel ruolo dello scudiero Sancho Panza.
Nei giorni scorsi il regista ha attraversato il Belpaese con una serie di eventi legati alla promozione della pellicola. Puntuale e ovviamente attesa, arriva come sempre la domanda sulla genesi travagliata dell’opera e Terry Gilliam coglie l’occasione per scherzarci su: “Don Chisciotte non muore mai, come le esperienze, le idee e l’arte. Le storie buone continuano a sopravvivere e ad andare avanti”.
Un sorriso per raccontare una vicenda lavorativa tribolata e che potrebbe anche rappresentare il suo ultimo lavoro, dopo gli indimenticabili successi di Brazil e Paura e delirio a Las Vegas. “Ho vissuto il cinema fin da ragazzo: entrare in una grande sala buia e vedere cose fantastiche che erano meglio della mia vita, cose magnifiche e totalmente nuove per me. Questo era quello che mi piaceva del cinema, esiste ancora?”, si chiede il regista.
E alla domanda su quale fosse la storia che vorrebbe raccontare oggi, risponde così: “Non lo so, questo è il mio grande problema. Non ho storie che vorrei raccontare. Sto continuando a cercare, leggo di tutto alla ricerca di ispirazione. Sono confuso: il mondo è molto cambiato. Forse non ho più storie da raccontare“.
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