Da Rocco a Papaleo.
Siede disinvolto sul palco della Sala Truffaut e, travolto dal caloroso benvenuto dei ragazzi delle giurie Generator – un urlo a dieci decibel – risponde esibendosi in una capriola all’indietro degna del miglior Yuri Chechi. È in gran forma Rocco Papaleo, fresco reduce dal set di Moschettieri del Re e ospite al Giffoni Film Festival proprio per presentare la nuova commedia di Giovanni Veronesi che uscirà il 27 dicembre. “È stata un’esperienza faticosa, due mesi di “cavalleria” e “spadacceria”, momenti in cui ho pensato di non farcela. Ma oggi mi sento bene, allenato e più forte.”
Quello con i giovani è un incontro che non dimentichi. Acuti, attenti, curiosi, pieni di quella passione che viene fuori ad ogni loro domanda, ad ogni loro osservazione. L’energia è contagiosa e sul volto di Rocco si fa strada un’espressione di sincera commozione che è subito felicità. Così, l’intervista sul treno di rientro, la cominciamo chiedendogli di tornare ragazzino anche lui. Senza alcuna esitazione ricorda: “Da bambino mi piaceva giocare alla fantasia. Consisteva nello stare sdraiato a prefigurarmi scene, proprio come nei film. Sono sempre stato un grande fantasticatore, un po’ per indole e un po’ perché ero miope fin dalla nascita. Dunque il fatto di non vederci bene mi spingeva ad usare l’immaginazione. In più ero figlio unico e, dopo i giochi in strada con gli amici, rimanevano lunghe serate da passare in casa a inventare storie e a giocare in solitaria.”
Un grande libro di racconti fantastici e in tv i telefilm che andavano per la maggiore. “Zorro, Francis il mulo parlante, Le avventure della squadra di stoppa, Pippi Calzelunghe – che poi ha guardato anche mio figlio e io ho riguardato insieme a lui – e i cartoni animati che mandavano in onda una volta a settimana.”
Come Rocco confessa, il primo amore non è però il cinema. Quello arriverà dopo. Prima c’è la musica. Paolo Conte, Lucio Dalla, Francesco De Gregori. E più tardi Pino Daniele. “Suonavo e scrivevo canzoni, questa era la mia passione conscia. Ho frequentato tantissimo la scena musicale romana dei primi anni 90’. C’era questo locale in vicolo del Fico che si chiamava Il Locale dove sono passati tutti, da Daniele Silvestri a Niccolò Fabi fino a Max Gazzè. Con Max sono amico da quel tempo, tanto che poi mi è venuto in mente di proporgli Basilicata Coast to Coast. Sono cresciuto in quel contesto lì.”
E proprio la musica lo accompagnerà nel prossimo tour estivo, in giro per l’Italia con una nuova formazione. “Dodici concertini e da settembre un nuovo spettacolo di teatro canzone, a metà tra racconto e il canto. Musica, parole su musica, canzoni e affabulazione.”
Il feeling con il cinema nasce intorno ai vent’anni. Non una vera e propria vocazione, piuttosto un legame inconscio con l’entertainment. “Studiavo a Roma e, sotto casa mia, c’era un cinema d’essai, l’Ausonia, nel quartiere universitario vicino viale delle province. Facevano un film al giorno e non avevamo la televisione. Così, più o meno venti volte al mese, la sera andavo al cinema. Ho visto di tutto”. Come a volte ha già raccontato, sarà un’amica ad iscriverlo ad una scuola di recitazione e a dare inizio alla sua brillante carriera accanto a Pieraccioni, Virzì, Vanzina, Veronesi, Salemme, Bruno, Miniero, Genovese e tanti altri. Oltre cinquanta film di cui tre da regista. Mi piacerebbe lavorare con Garrone, questo non posso negarlo” ci svela pensando a quelli con cui non ha ancora lavorato.
In attesa di vederlo nei panni di Athos in Moschettieri del Re, Rocco si concede un altro momento di fantasia a briglie sciolte. “I sogni ce li ho sempre e tanti. A fare un po’ lo snob direi che mi piacerebbe crescere un orto. In realtà niente mi impedirebbe di farlo, ma mi frena la pigrizia.”
Sul treno l’annuncio dell’arrivo a Roma Termini. A registratore spento l’ultima spassosa confidenza. “Non mi hanno mai proposto di fare il testimonial dell’amaro Lucano.”
A pensarci bene, un paradosso. “Ma lo faresti anche gratis?” incalziamo. L’espressione si fa sorniona e appare un sorriso ironico. “Non ho detto questo.“